
Trattamento Decontratturante per lo Sport
Il corretto trattamento delle CONTRATTURE MUSCOLARI è un tema di estrema importanza per chi lavora nel settore sportivo.
Una contrattura è un evento patologico frequente che affligge il muscolo e coinvolge la fascia ad esso associato, solitamente subito al termine dell’attività sportiva. Si manifesta come un’ipertonia localizzata e dolorosa di una porzione muscolare, del tutto simile a un crampo; tuttavia, mentre quest’ultimo avviene in modo acuto durante l’evento sportivo, coinvolge TUTTO il muscolo e recede immediatamente con l’allungamento, la contrattura ha insorgenza più subdola, manifestandosi inizialmente come un dolore sordo che aumenta rapidamente nel tempo, coinvolge una porzione di muscolo e non recede con il semplice allungamento.
Il corretto TRATTAMENTO DELL’ATLETA NEL POST-GARA, utile alla rimozione dei cataboliti e al recupero dallo stress miofasciale, unitamente al TRATTAMENTO DI WARM UP NEL PRE-GARA, utile alla facilitazione circolatoria e all’attivazione muscolare, sono due elementi preventivi estremamente importanti che limitano fortemente l’insorgenza di contratture.
Oltre a questo, è importante rispettare degli adeguati CRITERI DI PREVENZIONE DI CRAMPI E CONTRATTURE, quali l’adeguata idratazione, l’aumento progressivo e non improvviso dei carichi di lavoro, il riscaldamento pre- e il defaticamento post-workout.
E’ importante anche ricordare che ci sono tre sostanziali differenze tra il trattamento di SCARICO e il trattamento DECONTRATTURANTE.
In primo luogo mentre un trattamento di scarico post-gara, se non fatto in modo completamente corretto, di solito non comporta gravi conseguenze per l’atleta, un decontratturante errato può portare a un forte peggioramento della sintomatologia.
In secondo luogo un trattamento di scarico ha come scopo il miglioramento della funzionalità circolatoria e l’allontanamento dei cataboliti, mentre il decontratturante ha come scopo quello di effettuare un INTERVENTO MECCANICO per la riduzione di stati patologici di iperonia locale.
Infine, il decontratturante non è solitamente piacevole come il trattamento di scarico e può lasciare spesso, al termine della seduta, una dolenzia locale che l’atleta potrebbe portarsi dietro per qualche giorno.
Nel trattamento decontratturante, pertanto, è richiesta una maggiore attenzione ai fini della diagosi differenziale utile a individuare il tipo di contrattura presente nell’atleta. Una volta individuata il tipo di contrattura (recente o strutturata) lo scopo del trattamento sarà quello di restituire una NORMOTONIA GLOBALE al muscolo.
Il protocollo si avvarrà prevalentemente di manovre di SFREGAMENTO PROFONDO, RESTRAIN e IMPASTAMENTO PROFONDO, al fine di ottenere il necessario intervento di EUSTRESS utile a risolvere la disfunzione.
E’ di basilare importanza CALENDARIZZARE CORRETTAMENTE I TRATTAMENTI, cercando di NON EFFETTUARE trattamenti decontratturanti intensi in prossimità delle competizioni, ma svolgerli almeno 2-3 giorni prima (se si utilizzano tecniche di Restrain, l’ideale sarebbe almeno 1 settimana).
ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO DECONTRATTURANTE
Prima di cominciare il trattamento decontratturante è necessario fare una rapida valutazione differenziale per CLASSIFICARE IL TIPO DI CONTRATTURA PRESENTE, in quanto a seconda che si tratti di una contrattura recente (“nuova”) oppure strutturata da tempo (“vecchia”) verrà modificata una parte della sequenza di esecuzione.
Una volta stabilito il tipo di contrattura, un protocollo razionale per effettuare un adeguato trattamento decontratturante è dato dalla sequenza di queste tecniche:
1) SFREGAMENTO SUPERFICIALE INIZIALE
2) SFREGAMENTO PROFONDO
3) IMPASTAMENTO PROFONDO LOCALE
4) PRESSIONE PURA oppure RESTRAIN
5) SFREGAMENTO SUPERFICIALE E PROFONDO AMPI
6) IMPASTAMENTO PROFONDO GLOBALE
7) DONDOLIO, RULLATA (opzionali)
8) SCARICO DI CHIUSURA e VALUTAZIONE
Il tipo protocollo indicato è in linea di massima applicabile a TUTTI i distretti, anche se solitamente le parti più colpite sono in questo caso arti inferiori, regione dorsale e regione cervico-scapolare.
Vediamo le varie fasi nel dettaglio.
FASE 1 – SFREGAMENTO SUPERFICIALE DIAGNOSTICO INIZIALE
In questa fase si prende solitamente contatto con l’atleta e si comincia a valutare lo stato dei tessuti molli. E’ consigliabile sempre l’utilizzo di OLI O CREME per garantire lo scivolamento delle mani sulla cute e prevenire irritazioni.
Si procede effettuando degli sfregamenti superficiali dell’arto, in direzione preferibilmente centripeta, mantenendo una superficie di contatto abbastanza ampia, con una pressione variabile compresa tra 500g e 2kg. La velocità di esecuzione è circa 10-20 cm al secondo.
Questa fase ha anche una valenza diagnostica, in quanto permette al fisioterapista di individuare palpatoriamente l’area in cui è localizzata la contrattura.
FASE 2 – SFREGAMENTO PROFONDO
In questa fase si procede con l’iniziale disgregazione meccanica della contrattura, attraverso uno sfregamento profondo energico.
Solitamente, si effettua prima qualche passaggio a media intensità per individuare in modo preciso il punto in cui è localizzata la contrattura (fase diagnostica), dopo di che si procede con uno sfregamento più profondo (fase propria di trattamento).
Il dolore generato durante l’esecuzione di questa tecnica può essere anche piuttosto elevato (6-7 punti su 10).
Solitamente si utilizza una manualità a pollici affiancati, ma con l’adeguata esperienza è possibile anche utilizzare il gomito, utile negli individui molto muscolosi.
La velocità di esecuzione è bassa (circa 2-3 cm al secondo), con una pressione che però può superare anche i 5 Kg.
A questo punto, a seconda che si tratti di una contrattura nuova o di una condizione strutturata, si opterà per quale manualità utilizzare nella fase successiva.
FASE 3 – IMPASTAMENTO PROFONDO LOCALE
In questa fase si effettua uno stress meccanico alternativo sulla contrattura, agendo questa volta in direzione trasversale.
Si impasta pertanto energicamente la zona contratta in modo selettivo, concentrando la manualità nella regione in cui si sente la maggiore ipertonia. L’impastamento prevede manovre alternate di prensione con la mano “a pinza”, effettuate con una pressione abbastanza sostenuta (3-4 Kg o maggiore) e una velocità di circa un ciclo al secondo o anche meno.
Il movimento può essere composto da due cerchi contrapposti (impastamento a 8) oppure dalla mobilizzazione trasversale opposta delle due mani (impastamento a “S”).
SI ALTERNANO QUINDI LE PRIME 3 FASI PER QUALCHE MINUTO, per poi passare alla fase successiva.
FASE 4 – UTILIZZO DELLA PRESSIONE PURA oppure DEL RESTRAIN
In questa fase si decide il tipo di manualità da utilizzare a seconda che si tratti di una contrattura “nuova” o “vecchia”.
Nel caso di una contrattura nuova, la parte interessata sarà prettamente quella SARCOMERALE, pertanto utilizzeremo delle tecniche di PRESSIONE PURA. Altrimenti – e questo è in genere il caso più frequente – sarà necessario lavorare anche sulla componente FASCIALE, che in parte è responsabile dello squilibrio tensionale alla base della contrattura, pertanto utilizzeremo delle tecniche di RESTRAIN.
Solitamente una contrattura “nuova” è riscontrabile in un giovane atleta, non si è presentata nello stesso punto in passato (quindi non è un evento recidivante) e alla palpazione la zona contratta risulta ipertonica in modo uniforme. Una contrattura “vecchia” è un evento recidivanete che insorge in atleti meno giovani e alla palpazione si presenta associata a zone di fibrosità, percepibili come piccole “corde tese” dentro al muscolo.
-> USO DELLA PRESSIONE PURA: contrattura nuova
Individuata l’area contratta, si effettua una pressione in direzione perpendicolare alla superficie, tenendo i pollici sovrapposti o affiancati. La pressione aumenta in modo graduale e progressivo nell’arco di circa 10-20 secondi, e può raggiungere un’intensità anche superiore ai 6-7 Kg.
Si mantiene la pressione per un tempo compreso tra 30 secondi e un minuto, dopo di che si rilascia in modo progressivo. Si ripetono più cicli di questa tecnica (solitamente 5-10 cicli), fino a che non si sente un cambiamento nella condizione di ipertonia e un rilasciamento del muscolo.
-> USO DEL RESTRAIN: contrattura vecchia
Individuata l’area contratta, si procede con una manualità frizionatoria rapida mirata a generare un’infiammazione fisiologica sul muscolo e sulla fascia intramuscolare associata.
Utilizzando il gomito, si effettua una frizione trasversale alle fibre muscolari, solitamente nella direzione della maggior attrito sottocutaneo percepito, con una frequenza di 3 cicli al secondo e una pressione di circa 2-3 Kg. La manovra si protrae per qualche minuto, fino a che non si apprezza un cambiamento nella consistenza tissutale profonda.
TERMINATA LA FASE DI PRESSIONE ISCHEMICA O RESTRAIN, nelle fasi successive si applicano intensità minori.
FASE 5 – SFREGAMENTO SUPERFICIALE E PROFONDO AMPI
In questa fase si procede alla facilitazione del drenaggio sanguigno, allontanando i cataboliti mobilizzati dalle manovre precedenti sia sugli strati muscolari superficiali che in profondità.
Si effettuano pertanto degli sfregamenti superficiali dell’arto abbastanza intensi, alternati a sfregamenti profondi di blanda intensità, entrambi svolti in direzione centripeta.
La superficie di contatto è sempre ampia, la pressione variabile da 1 Kg per le manovre superficiali a 3 Kg in quelle profonde. La velocità di esecuzione può variare da 1 a 20 cm al secondo, in modo inversamente proporzionale alla forza applicata.
FASE 6 – IMPASTAMENTO PROFONDO GLOBALE
In questa fase si effettua una mobilizzazione meccanica globale del muscolo, utile sia alla rimozione del cataboliti che alla sua normotonizzazione. Le mani afferrano il muscolo con presa questa volta ampia e, con manualità alternata, effettuano l’impastamento di tutta la loggia muscolare a intensità abbastanza elevata.
FASE 4 e FASE 5 SI ALTERNANO IN MODO CICLICO, continuando a piacere in funzione del cambiamento percepito nella consistenza tissutale profonda e nel tono muscolare.
FASE 7 – DONDOLIO e RULLATA (opzionali)
Prima della conclusione del trattamento possono essere effettuati opzionalmente sia il dondolio che la rullata dell’arto, mobilizzando così in modo globale e blando la muscolatura e inducendo un rilassamento riflesso ulteriore.
Il dondolio si effettua affiancando le mani appoggiate sulla cute e letteralmente “dondolando” trasversalmente l’arto in entrambe le direzioni, cercando di tenere un ritmo il più possibile uniforme. La pressione in questo caso è abbastanza ridotta, in quanto occorre solo la forza minima sufficiente per muovere il distretto.
La rullata (rolling), applicabile anche nella sua variante di “mezza rullata” (half-rolling), è invece una mobilizzazione molto più intensa e rapida della loggia muscolare che si realizza attraverso una manualità che “rotola” letteralmente il distretto.
Si può afferrare l’arto con le mani contrapposte (rolling) oppure con una sola mano (half-rolling) ed effettuare dei rapidi “rotolamenti” bidirezionali in senso contrapposto. Solitamente questo tipo di manovre sono molto gradite dagli sportivi, in quanto garantiscono un rilassamento riflesso del muscolo estremamente intenso.
FASE 8 – SCARICO DI CHIUSURA e VALUTAZIONE
Si conclude il protocollo con uno sfregamento superficiale di scarico del distretto della durata di qualche secondo, effettuato ad intensità lieve ma velocità sensibilimente maggiore di quella utilizzata all’inizio nella FASE 1.
Fatto questo, si osserva la risposta del paziente al trattamento, facendogli muovere la parte che era contratta e valutando quindi mobilità e livello di dolore. Se il disturbo è scomparso o si è ridotto in modo significativo, possiamo concludere la seduta, mentre se non si è ridotto in modo sufficiente possiamo effettuare per qualche minuto un nuovo ciclo completo del protocollo ed rivalutare.
La durata totale del trattamento è variabile solitamente da 20 a 40 minuti, ma si consiglia di intergrare sempre il protocollo con esercizi terapeutici specifici per il muscolo colpito.
Come detto all’inizio, al termine della seduta è frequente che permanga una dolenzia dell’area lavorata, che potrebbe protrarsi anche per un paio di giorni e che non deve destare alcuna preoccupazione nel paziente, trattandosi di una risposta assolutamente fisiologica.
Infine, si raccomanda di non fissare un’altra sessione di terapia manuale “strong” a meno di 3 giorni di distanza, al fine di non sovraccaricare l’area lavorata.
Buon lavoro!